Relazione incontro Angela Felice a cura LICEO GALVANI

RELAZIONE SULLA  LEZIONE TENUTA DALLA DOTT.SSA ANGELA FELICE (direttore del Centro Studi “Pier Paolo Pasolini” di Casarsa) 
mercoledì 10 febbraio 2016, presso il liceo Galvani.
                                                          
a cura di Beatrice Pieretti (2^A Liceo Galvani)

 
“Pasolini e il Friuli”
Dopo una premessa volta ad inquadrare il friulano ed il legame di Pasolini con questa terra, la dott.ssa Felice ha esaminato le motivazioni della scelta del friulano come lingua poetica e ha analizzato alcuni testi significativi della produzione in friulano del nostro autore.   

1. Il Friuli e le origini familiari di Pasolini 
Il padre di Pasolini, originario di Ravenna, era un conte decaduto ( la famiglia si chiamava “Pasolini Dall’Onda”, un tempo senatori del regno) e pare che sia stato lui a sperperare gli ultimi beni di famiglia. Carlo Alberto, il padre, diventò ufficiale, fino al grado di colonnello, e in tale veste si recò a Casarsa, dove conobbe la futura moglie.  Casarsa fu un importante centro strategico italiano durante la Prima Guerra Mondiale, nella zona meridionale del Friuli protetta dal fiume Tagliamento, che proprio lì era attraversabile grazie a un ponte, la cui prima costruzione si deve a Napoleone. Ancora terminata la guerra vi rimasero molte caserme.

Carlo Alberto era un uomo vicino al fascismo, la futura moglie all’epoca aveva circa trent’anni  (ormai, secondo il costume dell’epoca, non più una donna giovane) era indipendente e insegnava alle scuole elementari. La madre, Susanna, proveniva da una famiglia piccolo borghese. All’origine erano contadini diventati, poi, proprietari di terreni e piccole attività (il nonno era imprenditore).
Pasolini pertanto è attraversato (per parte paterna) dall’aristocrazia e (per parte materna) dal mondo contadino, non dalla borghesia.


2. Caratteri della lingua friulana
Uno dei fattori più incisivi che ha determinato l’attuale configurazione dialettale del friulano è un confine di tipo naturale: il fiume Tagliamento, il quale taglia in due parti la regione, non solo geograficamente ma anche linguisticamente. In provincia di Udine troviamo la zona che corrisponde all’alto corso del Tagliamento mentre Casarsa, paese d’elezione di Pasolini, è situata a sud del fiume, verso il Veneto.
Al di là e al di qua del Tagliamento, si parlano due friulani diversi:

 - Il friulano di Udine *: 
1) Presenta suoni antichi che a Casarsa non vengono mantenuti, come le occlusive palatali (si registrano quindi forme come chiàsa** “casa”, ghiàt  “gatto”) che si pronunciano col suono “chià”.
2) Non presenta dittonghi (molto amati da Pasolini per la sua poesia), e nemmeno vocali che si allungano come musica, come nel caso del friulano di Casarsa (“amore”, “cuore”, “dolore” si pronunciano amòr, còr, dolòr)

- Il friulano di Casarsa*: 

1) Ha perso le occlusive palatali, è in questo caso più vicino al veneto (“casa”, “Casarsa”, “gatto” si pronunciano col suono “cià”: ciàsa, Ciàsarsa, giàt)
2) I suoni sono martellanti e musicali, presentando una particolare sonorità  amata da Pasolini: parole come “amore”, “colore” si pronunciano  amòur, colòur

Da un punto di vista glottologico il friulano è considerato una lingua minoritaria, non un dialetto. Il glottologo  G.I. Ascoli è il primo a sostenere tale tesi giustificandola con la derivazione diretta dal latino, senza la mediazione del toscano.  Alcuni esempi di residui diretti latini sono:  frut (masch.sing),  frus (masch.plur.),  fruttes (femm.plur.) che derivano dal latino “fructum” cioè “frutto del ventre tuo”, quindi “bambino”. E ancora vònde (“abbastanza”), che deriva dall’ “abunde” latino, mandi (“ciao”) dal latino “mane cum deo”.

Inoltre il friulano  presenta plurali terminanti in “s” (es. frus, “bambini”), diversamente da molti dialetti in cui i plurali terminano con le vocali. Per quanto riguarda la sintassi, è rilevante l’uso del  pronome soggetto enclitico attaccato all’ausiliare [es. a tu studiàt? (“hai studiato?”); Io i soi (rafforzamento del pronome)]. 
Come Ascoli sostiene che il friulano, oggi lingua riconosciuta e protetta, faccia parte delle lingue romanze, anche Pasolini propone una teoria sulla parentela linguistica di queste famiglie in nome di un “consorzio” di queste idee.


Tra il ‘42 e il ‘50 Pasolini è in Friuli e in questi anni si colloca la parte più significativa della sua produzione poetica in friulano. Questo pare essere il momento più “felice” della sua vita, quello della formazione, la “formazione del cuore”, in cui impara i valori semplici e la verità delle cose.

3. Il manifesto teorico della poesia friulana di Pasolini: Dialet, lenga e stil  (1944)


Questo testo in prosa è il primo scritto che compare nei cinque numeri usciti della rivista “Stroligùt di ca da l’aga” (cioè: “al di qua del fiume”).  Stroligùt è un piccolo astrologo, diremmo oggi un almanacco, termine qui usato in senso affettivo. Pasolini marca, con questo titolo, una microarea. 

In questa rivista Pasolini pubblica di sé e dei suoi allievi.
In questo testo espone ai contadini una teoria linguistica in dialetto e ci mostra la potenza espressiva del dialetto stesso.
L’autore si rivolge ai contadini di Casarsa, ponendosi la domanda: “Quando un dialetto diventa lingua?”- Citando- “C’è un rapporto tra dialetto, lingua e stile [...]: voi usate il dialetto che avete imparato; sono secoli che i frus  “succhiano dal seno” della madre quel dialetto, che si parla come si mangia e si respira. Nessuno sa scriverlo e leggerlo ma intanto è vivo.. e suona allegramente di campo in campo”.

Quindi il dialetto è un suono che “si succhia”, è la lingua materna, è istintivo, e si impara fin da subito. E’ un suono che va alle radici dell’essere, come una lingua adamitica, del primo luogo del mondo. E’orale. E' da notare che secondo Pasolini  i suoni sono la cosa, non sono metafore o simboli della cosa, sono la realtà. Allo stesso modo l’immagine è il linguaggio della realtà, espressa in un secondo momento  attraverso il cinema, inteso come “la realtà che parla attraverso sé stessa”.
Tornando alla domanda di partenza, un dialetto diventa lingua quando diventa “scritto” e ci sono dei poeti che lo traducono in poesia per esprimere il proprio mondo interiore, non come strumento comico o bozzettistico.  Pasolini afferma che il fiorentino è diventato l’italiano grazie all’uso che ne hanno fatto Dante, Petrarca, Boccaccio in letteratura. 

4. Motivazioni della scelta del friulano come lingua poetica
Nel ’41 Pasolini manda un’esercitazione in friulano (il “Nini muàrt”) agli amici con cui si scambia poesie. I suoi compagni, Serra, Leonetti e Roversi, scrivono in italiano, lui in friulano. 

Perché Pasolini attua la scelta del Friulano? 
Non certo per abitudine, perché il friulano non è il suo dialetto, nonostante lo capisca: il padre parlava romagnolo, la madre veneto (dialetto che ha una connotazione sociale borghese. Viene parlato anche ad Udine per differenziarsi dal friulano, che era considerato la lingua dei contadini e dei poveri). Le motivazioni per cui scrive in Friulano  si dividono in “contro” e “per”:

Contro: 

1) Contro il padre. La prima edizione di “Poesie a Casarsa” Pasolini la dedica al padre (che oltretutto aveva salvato Mussolini da un attentato, cosa che il figlio non gli perdonerà) nel dialetto che il padre stimava proprio di “un villaggio da negri”. Il padre in quel momento era in guerra, prigioniero degli inglesi in Africa orientale.  
2) contro il fascismo. Il fascismo tentava di limitare l'uso dei dialetti e delle lingue minoritarie: ad es. elle aree oggi appartenenti alla Slovenia era stato proibito parlare sloveno, i paesi erano stati italianizzati. 
3) contro il nazismo (in un secondo momento). Nel ‘43 gli italiani tradiscono gli alleati tedeschi, che invadono il Friuli dopo l’8 settembre. Si formano gruppi di partigiani (il comandante del gruppo di partigiani ucciso di cui fa parte il fratello di Pasolini, Guido, è lo zio del cantautore De Gregori, che lo ricorda nel nome). Casarsa viene bombardata dagli alleati per la presenza del ponte sul Tagliamento e della ferrovia che collegava Austria e Germania ( il capolinea della ferrovia è Casarsa). In questa situazione i tedeschi volevano germanizzare  la zona anche linguisticamente. 
Pasolini, negli stessi anni, manda pertanto un segnale ricordando le origini romanze e non germaniche del dialetto friulano: “Parlate friulano perché vuol dire parlar latino”
3) contro l’università in cui si forma. Sotto il fascismo non ci sono cattedre di linguistica, né di culture popolari; ci saranno solo dopo.

Per:

1) Per ricorrere alle lingue vere e pure della realtà, che restituiscono i suoni del mondo. 
Anche nell'esperienza cinematografica ricorre spesso ai dialetti: in “Decameron” usa il napoletano stretto, ne “I racconti di Canterbury” l’italiano  sporcato dal bergamasco, ne “Il fiore delle Mille e una notte” gli accenti di Lecce, in “Accattone” usa il romanesco. Ne “Il Vangelo secondo Matteo” invece fa uso dell’italiano perché il dialetto avrebbe abbassato il carattere alto di Cristo, come in “Salò” che è una metafora del potere e non si può sporcare con la realtà; in “Teorema” l’italiano rimanda alla presenza della borghesia.  
2) Perché non era ancora stato scritto nulla nel friulano di Casarsa, era un dialetto orale, un suono (e in quanto tale era antico e adatto alla poesia), diversamente dal dialetto di Udine che era già stato scritto e consumato dalla storia: si tratta di una motivazione estetica che rimanda al simbolismo, amato fin dai tempi del liceo attraverso soprattutto Rimbaud . Pasolini racconta che nel '41, una volta udita la parola rosada, rimase folgorato dalla percezione di trovarsi di fronte a suoni vergini per cui poi fu obbligato a renderla grafica e a scrivere il “Nini muàrt”. 
3) Perché è la lingua dei contadini.


5. Cronologia  e sviluppo della produzione poetica in friulano di Pasolini
- 1942: “Poesie a Casarsa”: edizione bolognese 

- 1949: “Dov’è la mia patria” raccolta di poesie del 1947-48
- 1953 “Tal còur di un frut” (nel cuore di un ragazzo)
- 1954 “La meglio gioventù” . (di cui si suggerisce l'edizione col  commento di Antonio Arveda).  Il titolo deriva da un canto degli alpini della Prima Guerra Mondiale; forma popolare che risponde alla “la migliore gioventù”.
- 1960 “Poesie dimenticate”
- 1974 “La nuova gioventù”

La poesia di Pasolini ha una forte evoluzione: inizialmente è lirica, poi si sviluppa in direzione più oggettiva. Tra il ‘48 e il ‘49 assume carattere sociale, poi ambisce a delineare un'epopea del popolo friulano (ne è un es. “Il soldàt di Napoleon”).
Ancora negli ultimi anni della sua vita Pasolini ricapitola la sua storia e lo fa in friulano. Con la raccolta “La nuova gioventù” abiura da se stesso riscrivendo in negativo "La meglio gioventù", ricorrendo ad un friulano antilirico, ragionativo, dimostrativo, spento: la gioia e l’eros sono finiti. Rimane il rimpianto per i valori e “il colore di un mondo” che non c’è più. Nel titolo “nuova” è una ripresa dal latino “novus”,  temine con valenza negativa che significa “perturbante”. Non è dunque un titolo positivo: questa gioventù è infelice e depressa perché nel mondo del consumo i giovani inseguono bisogni indotti e per averli non hanno altra via che diventare criminali o restare depressi.

6. Lettura di alcuni testi poetici
DEDICA (“Poesie a Casarsa”).
Nel titolo della raccolta “a Casarsa” può essere locativo (“che sono state scritte a Casarsa”) o dativo (in questo caso Pasolini specifica che sono dedicate a Casarsa, non solo scritte a Casarsa). 

Le traduzioni del friulano sono state fatte da Pasolini stesso che ritiene che la poesia in sé sia intraducibile ma che lo spirito di una lingua si possa tradurre.
E’ una poesia manifesto, in cui l’autore, lavorando per immagini, individua un oggetto: l’acqua, immagine tipica di quella zona, che viene fuori dal terreno argilloso, caratterizzando quell'angolo di Friuli.

v.1 “fontana del mio paese”: è una fontana soggettiva fin da subito: si passa da “fuori” a “dentro”; in questo vediamo il Pasolini lirico. 
L’acqua è un assoluto: al v.2 è imparagonabile, è la più fresca (sensazione fisica). Dopo il processo di interiorizzazione si passa a quello di simbolizzazione. 
v.3 anafora di “Fontana”: qui non è più fontana di acqua ma sorgente di amore rustico, di campagna. Pasolini segue un procedimento leopardiano, per cui l'acqua diventa la siepe dell'"Infinito".

CIANT DA LI CIAMPANIS  ("Poesie a Casarsa")
Continua il processo simbolico: se l’acqua è simbolo della vita (bios), “ciampana” è simbolo di morte (ritorna il tema vita-morte e lo sdoppiamento), una morte simbolica che avviene quando si esce dalla giovinezza e si commettono atti impuri. Ci sono suoni bruschi, fatta eccezione per i dittonghi. E’ stata scritta a Bologna: è una poesia del ricordo, della lontananza, evocativa del paese. Le campane battono un tempo sacro fin dall’inizio, “quando la sera si perde nelle fontane”; “smarrito” sta per sbiadito, grigio: è un paesaggio evocato, infatti, subito dopo, ci viene detto che è lontano. L’io lirico dà identità della lingua alla lingua. “Jo” identifica il poeta, sempre solo nel paese. Ci sono solo lui, la lingua, la campagna e i fantasmi proiezione di sé. Ricorda i suoni ( i “grilli”, “rane”, il “tintinulà”, verbo onomatopeico) e la “luna” da Leopardi. E’ una specie di Eden. Ora ritorna la campana. Il Rosario solitamente si dice alla sera. La campana indica l’andamento del sole (batte al mattino, alle h.12:00, alle h.7:00, alle h.10:00) . In questo modo ci dà la consapevolezza del trascorrere del tempo, per questo è collegata alla morte. Lui è morto al suono della campana, mentre prima era vivo con l’acqua: la campana è cristologica (Cristo indica la passione di Cristo). Pasolini immagina di essere uno spirito, nel quale si sdoppia. E’ un “forèst”:  o un forestiero o un fantasma, “svualà” rende benissimo l’idea del volare.
NINI MUART ("Poesie a Casarsa")   
“Nini” è il “nin͂o” spagnolo; inoltre “che ninin che sei” vuol dire “che bello/carino che sei”. “Sera” è la parola ponte delle prime due strofe. “Imbarlumida”( “accecante”) non è friulano, sembra essere spagnolo. Ha un significato di shock, è molto pascoliano. Notevole il chiasmo ai vv.2-3 “femina- ciamina” (“femina” è latino).  C’è una contemplazione della nascita, data dall’immagine della donna incinta e dell’acqua che cresce (“aga” e “femina” sono vicini). La situazione restituita è  sospesa e accecante. Ritorna il tema dello sdoppiamento. C’è poi la contemplazione della morte e la rivendicazione: l’io nasce da una donna, cresce, muore (metaforicamente) ma può rinascere come poeta (“Jo”); il poeta può nascere dalla propria morte, riconoscendola (mito tragico di Narciso). Narciso è lui (“Jo” narcisistico). Il doppio e il motivo dello specchio persistono, così come la contraddizione che non si risolve in lui. La morte è accompagnata a un simbolo. Qui c’è la campana. Questa poesia fa parte delle poesie simboliste, romantiche, liriche rese con rivendicazione dell’io poetico. 



MI CONTENTI  (“Romancero”)
In questa poesia Pasolini è escluso, indica i ragazzi soli che soffrono e si proietta in loro. E’povero (parola sociale - economica) e quindi è escluso. Qui l’autore non è lirico: è il Pasolini pietoso del periodo “marxista” (marxismo in senso etico, non ideologico).

7. "I Turcs tal Friul"
Nel ‘44 Pasolini compone un testo teatrale in dialetto che inizia con una preghiera ritmata come una litania in poesia (“ Crist pietàt dal nustri pais”), dando a questa lingua una dimensione tragica.  L'invasione turca del 1499 rimanda all'occupazione nazista dopo l'8 settembre. La paura fa nascere un dibattito sul da farsi, dibattito che dà origine alla democrazia. Protagonisti sono due fratelli,  anche qui ritorna il tema dello sdoppiamento: Mèni (un fratello) decide, bestemmiando, di andare a combattere da partigiano. Morirà, come il fratello di Pasolini. I Turchi se ne vanno a causa di un vento e tornano nelle tenebre. La preghiera iniziale è come un rito, che inizia con “Crist” e termina con “amen”. Anche di questa poesia Pasolini farà una riscrittura ne "La nuova gioventù"



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* Si usa la città di Udine come punto di riferimento per indicare la zona del Friuli al di qua del Tagliamento, a nord del fiume.
** Le parole in corsivo sono qui scritte come sono state pronunciate, con relativi accenti, per mancanza di approfondita conoscenza sull’effettiva scrittura del dialetto friulano.


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